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Il Codice della Subacquea

Da Luisa Cavallo un altro piccolo importante tassello per la sicurezza in mare: il Codice della Subacquea, una guida tra la giurisprudenza e le norme da osservare e rispettare.

Grotte di Palinuro, il punto sulle tragedie

Il 30 giugno del 2012 morivano nelle grotte di Palinuro quattro subacquei, il cui processo è andato avanti lungo tutto questo tempo approdando alle requisitorie finali il 24 e 25 novembre.

Scuttling: good practise?

Quanti di voi conoscono la pratica dello “scuttling”?

Calmi calmi, non è un nuovo sport “estremo”, nemmeno una perversione sessuale, lo “scuttling” è l’autoaffondamento volontario di imbarcazioni.

Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto.

Mi piacerebbe che questo articolo fosse dedicato al film della Wertmuller del 1974 con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, oppure al remake con Giannini Jr. e Madonna ma invece l’assonanza risiede solo nel titolo: ad essere travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto siamo si noi turisti in vacanza, ma invece che dalla passione da un natante lanciato a tutta velocità sottocosta in barba a regolamenti e divieti.

Marketing brand e fede

“Il marketing e la religione usano gli stessi strumenti: la fede”.
[E.Previtali] 

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Cosa infatti trasforma una maglietta da 5 euro in una da 50 o 100?

Il “BRAND”. Che non è più soltanto un semplice logo, una marca, ma oggi è soprattutto il portatore di un’idea, di un concetto, di una filosofia che acquistiamo ogni volta che passiamo alla cassa.

In un universo entropico, con l’aumento del caos intorno a noi, la ricercatezza di qualcosa che unisca le persone diventa necessario e l’identificazione attraverso un oggetto la via più rapida.

L’uomo è un animale sociale per sua natura, possedere il solito modello di telefono, indossare la solita marca di scarpe, ci fa sentire di appartenere alla solita “Tribù”.

E un’azienda oggi deve necessariamente costruire il proprio “brand” individuando una propria “mission”, limitarsi a produrre un oggetto non basta più, deve anche dire per quali categorie di persone quell’oggetto è stato pensato, quale sia il proprio obbiettivo e soprattutto i mezzi per raggiungerlo, anche attraverso “testimonial” che ne abbraccino temporaneamente il concetto.

Per un atleta, lo sponsor poi non è più soltanto necessario come “partner tecnico” o economico delle proprie imprese, ma contemporaneamente oggi è una garanzia del valore stesso dell’atleta.

L’individuazione visiva di determinati “brand” fanno infatti automaticamente collocare quella persona in un contesto ben preciso e la “scalata” al successo passa anche per successivi cambi di “casacca”.

La fedeltà allo sponsor è oggi un concetto che non è più un valore fondamentale, per entrambi, sia per il “brand” che per l’atleta stesso, il connubio che si crea è una partnership temporanea.

Il concetto del “crescere assieme” non rispetta gli spazi temporali moderni, chi sta al “top” ha bisogno di gente al “top”.

Il “chi sei” è stato sostituito dal “dove vieni” e la “tribù” di appartenenza parla per “noi”.

L’empatia necessaria per attivare una comunicazione passa anche per queste codifiche e il “no logo” non è più accettato, genera oramai una barriera tra oratore e platea che può essere sdoganato da uno sponsor. Il non sapere l’appartenenza e la provenienza lascia un interrogativo continuamente aperto.

L’uomo ha bisogno di sicurezze e nel mondo iper-veloce, che non permette sempre di verificare e risalire alla biografia della persona, “bollini” appiccicati come in una sorta di “standard di qualità” ci fornisco queste garanzie di cui abbiamo bisogno. Solo dopo averle ricevute, siamo in gradi di “ricevere”.

L’atleta è inoltre egli stesso un “brand”: deve saper comunicare e soprattutto sapersi “spendere” per perseguire i propri obbiettivi. […continua…]

“organizzare eventi” è un lavoro.

Nell’immaginario collettivo l’ ”organizzatore di eventi” viene un gradino sotto la professione di “giornalista”. Entrambe distanti anni luce da quello che viene definito “un lavoro vero”.

Perché tanto si sa, quanto impegno vuoi che ci sia nello scrivere 5, 10, 20 righe o addirittura un libro?!. Figuriamoci nell’organizzare un evento: per quello basta il cugino (lavativo) dell’assessore, l’amministratore (pasticcione) della pro loco locale, l’ (ir)responsabile gite dell’associazione paesana…
Organizzare un evento è così semplice, cosa servirà mai?
Al massimo una sala, una persona che presenti, un microfono, (magari no se parlano forte)…e mettere due volantini, stampati anche con la stampante laser in bianco e nero, (perché tanto, non li legge nessuno).

Ecco. Ma è veramente così?
No.
Affinché la “catena organizzativa” riesca, serve un impegno costante, preciso, perché bisogna tenere conto di tanti, tantissimi fattori, talvolta anche banali ma che sono fondamentali per la buona riuscita dell’evento.

Un lavoro che sarebbe meglio affidare a dei professionisti, perché purtroppo gli eventi non si “auto-organizzano” e a seconda della portata della manifestazione in oggetto, dell’ospite che si è invitato, si può avere un impegno superiore a quello di un matrimonio. (tanto per fare il paragone con una cosa che in tanti conoscono).
E nel tempo questa tendenza “qualunquista” è andata ad accentuarsi, non di rado infatti, autori, attori, cantanti, ma anche giornalisti di un certo “spessore” si sono affidati a delle agenzie che si occupano di gestirgli gli appuntamenti di questo tipo.
Non è “snobbismo” ma solo la constatazione che la “sola” è dietro l’angolo e che solo una segretaria preparata, precisa, puntuale può ridurre al minimo l’eventualità.

Quando ho incominciato a fare questo lavoro, mi sono trovato più volte di fronte a delle richieste a cui non sapevo dare delle risposte, dalla banalissima fornitura della trifase alla distanza tra palco e pubblico per sistemare casse e impianti audio. Dai moduli della Siae sino alle autorizzazioni per l’occupazione del suolo pubblico. Dalle liste delle “autorità da invitare” a quella dei “media locali”. Dalle allergie alimentari sino a vere e proprie fobie per gli spostamenti.
Così, dopo aver riorganizzato tutti i miei appunti volanti, mi ero preparato una scheda pre-stampata, dove avevo inserito tutte le informazioni che dovevo chiedere, uno spazio per le “note speciali” con le richieste dell’ultimo minuto e una check-list da spuntare man mano che l’evento si avvicinava.

Negli anni ho partecipato a centinaia di eventi, come organizzatore, come co-organizzatore, come invitato, relatore, ospite, inttervistatore, amico dei relatori o degli organizzatori…
e quello che segue è un campionario di cose che mi è capitato di vedere e soprattutto di dover risolvere:

– La Sala era stata prenotata il solito giorno, alla solita ora per un altro evento.
– Non si era pensato un posto alternativo in caso di pioggia.
– La Sala era disponibile ma non c’era nessuno con le chiavi per aprirla.
– A forza di delegare non c’era nessuno che rappresentasse il Comune.
– La luce era saltata e non c’era un elettricista nel raggio di 50 Km.
– Il telecomando del proiettore, appeso al soffitto, era nel cassetto e le chiavi le aveva il tecnico che stava in vacanza.
– Le locandine sarebbero state pronte il lunedì successivo alla serata.
– Gli inviti non erano stati spediti.
– Le locandine riportavano i nomi sbagliati dei relatori.
– Le locandine non riportavano il luogo e l’ora dell’evento.
– Le locandine erano ancora da appendere al momento dell’inizio della presentazione.
– Gli inviti riportavano una data sbagliata.
– I libri erano stati persi dal corriere e sarebbero arrivati il giorno dopo.
– L’ospite non aveva un posto dove dormire perché si erano dimenticati di organizzare l’ospitalità.
– L’ospite che NON aveva specificato il livello minimo dell’albergo era finito in un motel ad ore senza bagno in camera.
– Si erano dimenticati di accompagnare l’ospite in stazione.
– Si erano dimenticati di andare a prendere l’ospite in stazione.
– Non avevano comunicato all’ospite dove andare.
– Si era dimenticato di confermare l’invito all’ospite.
– Non erano stati riservati posti auto ai relatori.
– I vigili urbani avevano multato l’ospite che non aveva trovato parcheggio.
– Non erano stati avvertiti i giornali dell’evento.
– La rassegna stampa non era stata fatta perché non avevano dato fondi al responsabile per comprare i giornali.
– Chi doveva intervistare si è sentito più importante dell’intervistato stesso finendo per far “incaxxare” l’ospite.
– Chi doveva intervistare non sapeva chi era la persona che stava intervistando.
– Chi doveva intervistare non aveva letto il libro.
– Si erano dimenticati di avvertire l’intervistatore che avrebbe dovuto intervistare.

Ecco, per questo l’ “organizzatore di eventi” è una figura professionale, che andrebbe pagata secondo le professionalità che mette in campo, perché si può invitare la “star” del momento o organizzare la “tigellata in piazza” ma per farlo, ci vogliono comunque delle capacità.

Ed è per il solito motivo che negli anni ho sempre richiesto che, nel caso mi debba occupare di un evento, l’organizzazione dipenda interamente da me!