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Scuttling: good practise?

Scuttling: good practise?

Quanti di voi conoscono la pratica dello “scuttling”?

Calmi calmi, non è un nuovo sport “estremo”, nemmeno una perversione sessuale, lo “scuttling” è l’autoaffondamento volontario di imbarcazioni.

Praticato a fini bellici durante la seconda guerra mondiale, sia per creare “ostacoli” alle forze da sbarco alleate, sia per atti estremi di onore, (meglio affondare che consegnarsi al nemico), oggi in tempo di pace è una pratica che sta prendendo sempre più piede all’estero per la creazione di reef artificiali.

Tanto per fare un paio di esempi, nel 2006 gli Stati Uniti hanno proceduto all’affondamento intenzionale della ex portaerei “Oriskany”, nel maggio 2009 è stata affondata al largo dell’isola di Key West, Florida, la nave da trasporto militare USA “Gen. Hoyt S. Vandenberg”, l’Australia invece ha proceduto all’affondamento della ex fregata militare “HMAS Canberra” e nel Mediterraneo?

È Malta, con il suo Ente del Turismo a farla da padrone, con numerosi affondamenti: ben 10 sono infatti gli “scuttling” realizzati dal 2006.

Il primo è il “Rozi”, un rimorchiatore lungo 40 metri posto a 30 metri di profondità affondato nel 2006, la motovedetta dragamine “P29”, affondata nel 2007. La petroliera “Um Faroud”. Il traghetto “Imperial Eagle”. Il traghetto “Cominoland MV” e il traghetto “MV Karwela” entrambi affondati nel 2006. E ancora il traghetto MV Xlendi”. Il “P31”, gemello del “P29” e infine le due navi affondate insieme chiamate “The Two Tugs” .

Ma anche nell’Algarve gli “Scuttling” sono ben quattro.

Non si tratta di affondamenti “incontrollati”, ma progetti ben strutturati che partono innanzitutto dalla bonifica del relitto con l’estrazione di tutto il carburante, degli altri solventi, dei motori, andando via via al resto dell’arredamento, saldando anche quei comparti che sarebbero potenzialmente pericolosi se frequentati.

Ma cosa dicono gli esperti di biologia marina? Quelli che ho interpellato, dichiarano che “lo scuttling genera il ripopolamento ittico e realizza barriere antistrascico che consentono di ricostruire le risorse biologiche costiere degradate da un intenso sfruttamento di pesca. Il relitto crea una barriera artificiale sommersa che ha la capacità di richiamare grandi quantità di pesci ed altri organismi marini, soprattutto offrendo appiglio alle forme sessili (quali spugne, gorgonie, ecc.) e di proporre nuovi e suggestivi scenari per la subacquea ricreativa”.

Un relitto a poca profondità, che serva anche da “scuola” per imparare quei rudimenti basilari dell’immersione in ambienti difficili, anche solo per un’immersione diversa, genererebbe anche un ingente ritorno economico per tutta l’area interessata: dai diving ai bar, dai ristoranti agli alberghi, passando per negozi specializzati e non. Insomma, magari anche una ricetta per uscire dalla crisi, da inserire su zone che, a differenza di altre non hanno quel “quid” di biodiversità marina che le renda accattivanti.

Discorso che era approdato fin dal 2010 in parlamento dove vi erano due proposte di legge che avevano iniziato il loro iter legislativo, una, la n.3943, proposta dall’on. Di Stanislao dell’Italia dei Valori e l’altra, la 3626 del leghista Chiappori. (Disposizioni in materia di affondamento di navi radiate dai ruoli del naviglio militare per il ripopolamento della fauna ittica e la promozione del turismo subacqueo).

E oggi? Oggi si potrebbe pensare di trasformare un paio delle navi che la nostra Marina Militare ha appena radiato dal servizio per ipotizzare un progetto simile.

Io sono qui…parliamone assieme!

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