L’altra sera sono andato a correre. Malgrado la primavera, non faceva davvero caldissimo, ma nell’aria c’era quell’odore di erba appena tagliata. Quell’odore misto di clorofilla e olio di decespugliatore che mi fa impazzire. Un odore che ho sempre amato sin da piccolo.
Passo dopo passo ho aumentato il ritmo e pur cercando di chiudere in progressione l’allenamento, mi sono ritrovato a fare gli ultimi chilometri nel buio.
È lì che ho sentito un odore diverso, più pungente ed inaspettato: un refolo di vento che sapeva di basilico.
Allora la mente è tornata ad un vecchio tema delle medie. Ricordo solo che era quasi estate, perché ero in maniche corte e le finestre erano spalancate. Sul foglio protocollo piegato a metà scrissi nella prima colonna a sinistra: “[…] Poi scese la notte e nell’aria c’era un leggero odore di basilico. Ma faceva buio davvero, un buio che sapeva di basilico e pinoli, insomma, un buio pesto”.
Io la misi come battuta. La professoressa mi fece un culo a capanna e io allora capii che la scrittura era “lacrime e grammatica” e che la fantasia, purtroppo, veniva dopo.