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La Fossa delle Marianne risulta più inquinata dei fiumi cinesi

fossa delle Marianne

La Fossa delle Marianne risulta più inquinata dei fiumi cinesi

Nella fossa delle Marianne preoccupanti quantità di sostanze tossiche, bandite addirittura dagli anni ’70, 

Lo rivela uno studio condotto dalla Newcastle University e pubblicato su “Nature ecology and evolution“.

Per decenni si è considerata la fossa delle Marianne (-11.033 metri) così come altre depressioni profonde (Fossa di Kermadec) come luoghi estremamente sicuri dalle sostanze inquinanti, proprio per la loro natura che le poneva lontano dall’azione dell’uomo.

La recente ricerca, invece, condotta attraverso robot da alto fondale, ha permesso di analizzare i piccoli crostacei presenti in questa zona, anfipodi, non più lunghi di 2 cm, veri e propri spazzini dei fondali oceanici, che hanno una concentrazione di sostanze nocive 50 volte superiori a quelle dei granchi che vivono nel fiume cinese Liao, il fiume più inquinato della Terra, da sempre metro di paragone negativo per l’intero ecosistema.

Policlorobifenili (Pcb) e bifenili polibromurati (Pbde), usati fino agli anni ’70 e poi messi al bando, soprattutto come isolanti di cavi elettrici e come sostanze ritardanti usate per spegnere incendi.

La ricerca suggerisce che queste sostanze si sarebbero infiltrate nelle parti più profonde degli oceani, in seguito alla decomposizione di carcasse di fauna marina precipitate sui fondali. I Pop, in particolare, si accumulano nel grasso ed è facile riscontrarli nelle creature in cima alla catena alimentare. Inquinanti che già erano stati trovati anche nelle orche e nella popolazione degli Inuit. Inoltre, essendo idrorepellenti, i Pop si attaccano ai rifiuti plastici che inquinano gli oceani, correlandoli quindi al fenomeno del marine litter.

Un fenomeno che si pensava fosse limitato alla superficie dei mari, dal Pacific Trash Vortex al recente omologo Mediterraneo ma che adesso pone un interrogativo ben più profondo, in luce anche ai recenti dati che pongono un aumento delle plastiche disperse in mare di più del doppio (2,17) nei soli prossimi 10 anni.

 

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