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Abbiamo davvero bisogno di una legge della subacquea?

Abbiamo davvero bisogno di una legge della subacquea?

Ad ogni incidente che avviene in mare, puntualmente, c’è chi fa opera di sciacallaggio e invia, ancora prima di sapere chi, come, dove e perché sia successo, un comunicato stampa che imputa tale tragedia alla mancanza di una legge specifica.

Chi mi conosce lo sa, (per citare un personaggio ben più noto) quanto mi sono occupato della legge della subacquea, grazie anche alla DAN, alla dott.ssa Luisa Cavallo, al sen. Mario Cavallaro e a tutti gli amici e professionisti che hanno partecipato ai vari tavoli, alle stesure dei vari articoli alle molte conferenze negli anni scorsi.

Oggi però mi chiedo, serve davvero una legge della subacquea?

Gold scales of justice and books on brown background

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Perché una legge arriverà a porre piccole questioni come il colore della boa, il fascio luminoso e l’intervallo di tempo della luce stroboscopica, l’attacco DIN o INT imposto per legge, la bombola di un colore o di un altro, o i corsi “patacca” da conseguire, ma non potrà mai agire sul “buonsenso”.

Il “buonsenso” di fare qualcosa nel rispetto della catena della sicurezza. Quello che non ci fa mettere al volante ubriachi non perché magari c’è una pattuglia che ci può levare la patente dietro la curva, ma perché da ubriachi siamo pericolosi per noi stessi e per gli altri.

Immergersi, come andare in alta montagna richiede alcuni passaggi basilari: in primis lo stato di salute e di forma e la revisione dell’attrezzatura.

Poi, il resto, sta anche a chi ci accompagna per mare o in montagna, che deve verificare la nostra abilità prima di portarci laggiù negli abissi o lassù in quota.

E qui interviene il passaggio del buonsenso che passa dalla singola persona al diving e alle guide.

(un’immersione “Check” in basso fondale con i fondamentali e gratuita potrebbe essere un buon biglietto da visita per un diving che contestualmente, oltre alla pubblicità, può valutare in maniera oggettiva i propri clienti).

Di professionisti, diciamocelo, nel settore della subacquea italiana sono pochi. Pochi i diving che sono aperti tutto l’anno e che soddisfano i più normali requisiti della sicurezza.

Nel momento che un cliente si rivolge ad un diving dovrebbe essere sicuro che lo staff abbia ricaricato in luogo e maniera idonea le bombole, (magari con un certificato della qualità dell’aria) abbia le attrezzature a noleggio revisionate con indicate in un registro la data e che non siano “residuati”, abbia infine ben chiare le modalità di gestione di un primo soccorso con personale realmente in grado di gestire l’emergenza e con le opportune bombole (ossigeno e aria) già sistemate. (spesso l’ossigeno è al sicuro al diving e non in barca).

Che le immersioni vengano svolte con un adeguato “briefing” che la guida deve esporre per bene e il cliente ascoltare in maniera adeguata.

Che le immersioni vengano condotte in gruppi specifici (quante volte ci si trova con gruppi nei quali la guida deve far completare le immersioni di corso “open” e contestualmente gestire 8-10 persone?). Che le immersioni in grotta, su relitti e di notte, debbano essere sempre affrontate come tali. Solo così, i rischi non sono azzerati ma sicuramente sono minori.

Se un “cliente” ha le sue responsabilità di dichiarare con sincerità la propria esperienza o comunque il proprio stato di forma è compito del diving al quale si affida non solo per il noleggio della bombola ad aiutarlo con la propria competenza a minimizzare i rischi.

Il rischio zero non esiste. Perché questo vietare le immersioni su una determinata area, così come interdire un sentiero non ha senso.

Se proprio deve servire un patentino che tale patentino riguardi tutte le persone che vogliono fare le guide subacquee. Un sorta di registro nazionale nel quale iscrivere le guide dopo un corso su come gestire un’emergenza, condurre un gruppo in immersione (senza perdere nessuno), sapere le informazioni base per la tutela della flora e fauna, fare un briefing sulla zona di immersione e che su tali zone di immersione siano state fatte idonee verifiche dai nuclei subacquei della Guardia Costiera con la locale capitaneria di porto.

D’altronde, tutti i bagnini delle nostre spiagge vengono valutati da un medico e dalla guardia costiera con un proprio rappresentante per ottenere il brevetto per cui ipotizzare tale “iter” non è così impossibile, inoltre, in ogni capitaneria di porto c’è già un registro per gli OTS, aggiungerne un altro per le guide non è impossibile.

È infatti importante che ogni guida sappia veramente com’è il tratto di mare nel quale si immerge. Ad oggi, basta avere in tasca un brevetto “Divemaster” o equivalente per potersi immergere con un gruppo al seguito tanto a Palinuro quanto alle Cinque Terre passando per le Tremiti o Pantelleria, senza considerare che, ogni mare, ogni grotta ha le sue peculiarità.

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