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Camogli e #Vinidamare2015

Mare…sempre e soltanto mare, anche quando si parla di vini!

È infatti #Vinidamare2015 la manifestazione a cui ho partecipato la settimana scorsa. Organizzata da ASCOT Camogli, con la collaborazione di FISAR, e soprattutto dall’Hotel Cenobio dei Dogi, Camogli si è trasformata per due giorni patria dei vini della Liguria.

Dal rossese di Dolceacqua, sino al Vermentino di Luni, 400 Km di Liguria lungo i quali la “viticoltura eroica” la fa da padrona.

Cos’è la viticoltura eroica? È una produzione che va contro il mercato: poche bottiglie, processi di vinificazione che tendono alla tradizione, posti difficili da raggiungere con qualsiasi macchinario e dove quindi ancora e solo l’uomo può toccare con mano l’uva, trasformandola attraverso il magico processo di vinificazione in qualcosa di unico!

Camogli, un borgo che ho imparato a conoscere da meno di un anno e diventato un “Luogo del Cuore”, un posto che considero una propagazione delle Cinque Terre. Camogli, con le sue case-torri dai colori sgargianti in contrasto con le mille tonalità di azzurro del mare, la focaccia alla cipolle con i piedi nell’acqua sentendo il lento sciabordare delle onde che fanno rotolare i sassi della spiaggia di ciotoli.

Camogli e l’Abbazia di San Fruttuoso, dove, finalmente, dopo essermi limitato per anni a “scandagliarne” i fondali  ammirando il “Cristo degli Abissi” che accoglie i subacquei ad ogni tuffo, ho avuto il piacere di visitarla. Un patrimonio recuperato, valorizzato dal FAI, una fondazione che, anno dopo anno, ammiro e stimo sempre più per il quotidiano lavoro della preservazione della Bellezza che il nostro Paese esprime.

Ma una giornata per essere bella è costituita soprattutto dal gruppo e quello presente alla manifestazione è stato un gruppo vario, colorato ma davvero animato dallo spirito più bello che è quello della condivisione e della scoperta.

Come si fa a completare degnamente una giornata così? Ma con un “cooking show” presso l’hotel “Cenobio dei Dogi” nel quale far apprendere ad alcuni “food bloggers” le specialità della cucina ligure. Quali? Neanche a dirlo: focaccia di Recco, Pansotti, Trofie e soprattutto la preparazione del pesto.

Io, da buon ligure, ho la mia ricetta, diversa da quella del bravissimo Chef Remo. 🙂

Ancora grazie quindi ai produttori, ad Ascot, a Digiside, a Chiara Bononimi dell’Hotel Cenobio dei Dogi, l’hotel stesso e a tutti i partecipanti! Ah, ovviamente anche alla “La Pietra del Focolare” di Ortonovo, il cui vino, assieme al Rossese di Dolceacqua sono stati i miei due preferiti.

Per la gallery fotografica, vi consiglio di guardare su instagram l’# #vinidamare2015 😉 e “Cin Cin a tutti”….

Chiamatemi Ismaele! #MareSottoSopra

“Chiamatemi Ismaele. Qualche ore fa, non importa esattamente quante…”

Ok! Forse mi sono fatto prendere un po’ troppo la mano, ma d’altronde, dopo un paio di ore che scruti l’orizzonte alla ricerca di un piccolo spruzzo, di un bagliore argenteo che si solleva dal mare color ottanio che ti segnala, in maniera inequivocabile la presenza di un cetaceo, bhé, sentirsi a bordo del “Pequod” che punta verso Nantucket piuttosto che in una motobarca della “Golfo Paradiso” verso Camogli, è un attimo e appare più che naturale.

A bordo la “ciurma”, composta da un gruppo davvero vario messo insieme da Pecora Verde per promuovere una nuova meta di escursione fuori dal gregge, invece che arpioni teneva tra le mani smartphone e tablet pronti ad immortalare capodogli, stenelle, balenottere in quello che è il Santuario dei Cetacei al grido di battaglia “#MareSottoSopra”. E in diversi hanno voluto subito rendere omaggio al colore sociale, assumendo in volto, dopo solo pochi minuti di navigazione, in un mare tutt’altro che fermo, una serie di tonalità che davvero molto si avvicinavano al verde.

Ma scoprire il Santuario dei Cetacei è molto di più che osservare le balene, intanto è un’uscita in barca in uno dei tratti di mare più belli del Mediterraneo, spostandosi verso l’orizzonte dove mare e cielo di confondono in una linea indefinita, è scoprire come moderni mori, le case-torri coloratissime di Camogli con la chiesa che scende a pochi passi dal mare, sovrastata dal Castello della Dragonara. È mangiare una fetta di focaccia con le cipolle, rinunciando così a declamare Boudelaire con il suo “Uomo libero, amerai sempre il mare! Perché il mare è il tuo specchio.. [..] a quegli occhi azzurri mentre osservi il sole che tramonta. È una chiacchierata tra gente che conosci solo virtualmente e per Nickname e hashtag e finalmente riesci a incrociarci due parole oltre che un bicchiere di un #VinoDaMare. È comunque una lezione di biologia marina, è un amore per la natura che cresce, è un fascino per un mondo, quello sommerso, che si conosce meno della superficie lunare.

Perché poi, le balene, insensatamente ci ostiniamo a cercarle noi, quando in realtà, sono loro a cercarci, quando vogliono!

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Con Shopinn Brugnato 5 Terre alla scoperta della Val di Vara

Muta “Subea” 3mm della Tribord, “GoPro Hero 3+” nello zaino e siamo pronti!

Direzione? “Shopinn Brugnato 5 Terre”, l’outlet village di recente apertura, che ha organizzato una giornata alla scoperta della Val di Vara assieme alla Igers Community di La Spezia.

Il motivo della muta? Semplice, perché l’intenso programma della giornata parte con l’esperienza del torrentismo!

L’appuntamento alle nove di mattina è direttamente all’”info point” del Village, che organizza questa, ma anche altre interessanti attività per chi, costretto ad accompagnare mogli, fidanzate o famigliari allo shopping, cerca di impegnare il proprio tempo in altra maniera.

La mia presenza a questo insta/blog tour è proprio per queste attività, mentre Marta, la mia compagna, sarà invece nel lato shopping con Silvia e le altre blogger.

Muta indossata, trasferimento in pulmino, ripida discesa nel bosco ed eccoci all’ingresso nel fiume: il primo salto di una lunga serie, lungo gli 800 metri del percorso.

Due ore abbondanti per un percorso facile e divertente, per una delle varie attività che organizzano perché assieme al canyoning c’è la possibilità di scendere il fiume in tutta sicurezza con la canoa, per i più esperti, e grazie anche ad un accordo con la centrale idroelettrica che rilascia ad orari precisi una piccola onda, anche l’emozionante possibilità di una divertente discesa in rafting.

Sfradici e contenti, il gruppo “adventure” si ricollega al gruppo “shopping” alla “Trattoria del Gusto” sempre presso Shopinn, che, legata alla forte tradizione culinaria locale, con la vicinanza a zone certificate del biologico, offre menù a km zero che da soli meritano la visita

#Sanvicenzo14: Un treno carico di… al Parco ArcheoMinerario.

“È arrivato un treno carico di…”era il titolo di un libro di filastrocche di Gianni Rodari. Un treno giallo, in questo caso, carico di colori, parole, di voglia di conoscere e conoscersi, per un gruppo appena formatosi.

Siamo nel Parco Archeominerario di San Silvestro, a pochi chilometri dal mare. È il recupero turistico di una dismissione industriale, la riconversione, anche culturale, di un territorio che non dimentica il proprio passato ma che, con orgoglio, lo riscopre e lo rende fruibile alla collettività.

Il treno piano piano scivola all’interno della galleria mineraria sotterranea “Lanzi-Temperino”, un chilometro di scavo, che attraversa, da parte a parte, il ventre della montagna, in un lento scavare iniziato alla fine del 1800 e ripreso in più fasi nel 1900. “Lanzi”, diminutivo (dispregiativo) di “Lanzichenecchi” per indicare i minatori “foresti” che, discesi dal Tirolo nella metà del 1400 si occuparono a più riprese dell’estrazione mineraria.

La voce della guida giunge distorta dagli altoparlanti sistemati nei piccoli vagoncini che sfiorano le pareti strette della miniera. Spiegazioni che cercano di far cogliere come il viaggio che si sta affrontando, oggi così ludico e divertente, adatto davvero a tutta la famiglia, sia stato in realtà un posto di lavoro pericoloso, fatto di fatica e paura.

Una consapevolezza che aumenta, cresce, non appena il pensiero corre inevitabilmente alla miniera turca nella quale oltre 500 persone hanno perso la vita. Certo, questa non è una miniera di carbone, all’interno della quale si sviluppa il “grisù” (già, come il piccolo drago che voleva fare il pompiere da grande) responsabile delle esplosioni, ma il duro lavoro, gli esplosivi, i crolli, hanno mietuto vittime anche in queste miniere.

“Le case le pietre ed il carbone dipingeva di nero il mondo Il sole nasceva ma io non lo vedevo mai laggiù era buio Nessuno parlava solo il rumore di una pala che scava che scava Le mani la fronte hanno il sudore di chi muore Negli occhi nel cuore c’è un vuoto grande più del mare Ritorna alla mente il viso caro di chi spera Questa sera come tante in un ritorno. Tu quando tornavo eri felice Di rivedere le mie mani Nere di fumo bianche d’amore” mi canticchia in un orecchio Marta, una vecchia canzone dei New Trolls che non ricordavo.

L’esplosione di luce e di calore che ci accoglie fuori dalla miniera è un po’ una liberazione. Cespugli di ginestre e lentisco fanno da cornice al mare in lontananza, mentre lassù, la Rocca medioevale (X° Secolo), costruita per volontà signorile, che offre uno spaccato della dura vita quotidiana dei minatori medioevali ci aspetta….

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Vendemmia alle Cinque Terre

Appena ci si allontana dalla riva del mare, dalle comitive incolonnate in attesa del prossimo treno, si percepisce come le Cinque Terre siano un territorio che si sviluppa soprattutto in verticale.

Si sale, a fatica, in questa giornata di settembre dall’aria frizzantina e dal sole caldo e implacabile lungo le “creuse” dai gradoni disuguali.

Si “sbuffa”, si ansima, con la maglietta che si appiccica sulla pelle, ma basta voltarsi un attimo, guardando là dove il mare si fonde e si confonde con il cielo, per essere ripagati dallo sforzo.

L’emergenza dell’alluvione qui è passata, presto, ma non poteva essere diversamente per della gente che ha strappato al mare, pietra su pietra, il terreno da coltivare.

L’occhio coglie però i segni dei “cian” abbandonati, dei muretti che hanno “spanciato”, quelli che hanno ceduto. È tuttavia il retaggio di un abbandono lontano nel tempo, quando, malgrado gli sforzi, non c’era resa, non c’era guadagno neppure dalla produzione dello Sciacchetrà.

E mentre sali, con un grappolo d’uva calda tra le mani, rubato da una cesta al sole, osservando i chicchi perfettamente tondi tenendoli delicatamente fra due dita, basta appoggiare una mano su una pietra per percepire che il muretto a secco è una struttura quasi viva, che ha bisogno di cure e attenzioni continue.

Oggi si parla di agricoltura eroica per descrivere questi vigneti dai trasporti complicati, in cui lo sforzo umano è ancora determinante rispetto all’industrializzazione forzata e alle macchine.

Ma non c’è eroismo, c’è passione e amore, per la natura, per la terra.

Settembre alle Cinque Terre è una festa. Silenziosa, in punta di piedi, riservata.

Si fatica, si suda, si trasportano corbe stracolme di uva, ma si condivide, a piccoli gruppi famigliari la gioia della vendemmia.

Gente chiusa, aspra e “mugugnosa” come il mare d’inverno che s’infrange sugli scogli, ma che oggi ti sorride, che ti apre la porta della cantina per mostrarti la meraviglia dell’uva appesa lungo i filari sotto i solai dei tetti, stesa nei “graticci”, ad asciugare, ad ambrarsi trasformandosi lentamente per diventare l’uva del pregiato sciacchetrà.

E può succederti di tutto: di ritrovarti a scendere sui carrelli dei trenini a “cremagliera”, al posto delle ceste d’uva, in equilibri precari, invitato a pranzi di nozze, a grigliate inattese.

Serendipità si dice, un neologismo che sembra più uno scioglilingua, un modo per indicare la sensazione che si prova quando si scopra una cosa non cercata e improvvisa mentre se ne sta cercando un’altra. È la felicità inattesa, come il settembre alle Cinque Terre, dove si vive un elogio a Bacco, alla natura, alla lentezza, alla gioia di stare insieme.

Le Cinque Terre di settembre non vanno descritte o fermate nel tempo da un’istantanea rubata, vanno vissute.

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Sui fondali di Portovenere.

reggiane re 2000Settembre è il mese che amo di più per le immersioni: in mare ci sono meno imbarcazioni e la stagione regala non solo acqua calda ma anche mare piatto e un sole che riscalda dopo la lunga permanenza sul fondo. Oggi, con le ragazze ed i ragazzi di “La Tribù” e di “5 Terre Academy” ci regaliamo una giornata solo per noi, per “festeggiare”, a modo nostro, l’amicizia che ci lega.

Un ultimo “check” all’attrezzatura, un cenno con la mano e scivoliamo con un piccolo tuffo oltre il bordo del gommone. Non scenderemo troppo, appena 18 metri, un’immersione quindi adatta per tutti quelli che possiedono un brevetto di primo livello di qualunque didattica.“Il mare non smette mai di stupirti” mi ritrovo a riflettere quando sono quasi sul fondo. Pensavo infatti di conoscere questi fondali a memoria, e invece, ci stiamo per accingere ad incontrare un “amico” recente: un nuovo relitto, il Reggiane Re 2000, un aeroplano ammarato addirittura il 26 aprile del 1943 proprio qui, a pochi passi da Portovenere e dalla sua splendida chiesa.

Localizzato in maniera fortuita dai palombari del “comfordrag” (comando forze contromisure mine) con il veicolo autonomo sottomarino “Remus”, durante un test di verifica nei primi mesi dell’anno scorso, il caccia Reggiane RE 2000 era impiegato come veicolo catapultabile dalle navi militari della Regia Marina.

Al comando di questo velivolo, adagiato sui fondali da settant’anni, c’era il maresciallo Luigi Guerrieri che, al rientro da una missione addestrativa, terminava il carburante prima del tempo, proprio davanti a Portovenere. Abilità e fortuna, gli permisero di ammarare in sicurezza e dopo aver gonfiato il canotto di emergenza, poté vedere il suo aeroplano scivolare lentamente sul fondo, in perfetto assetto di volo.Il relitto è piccolo, poco più di sette metri di lunghezza per un’apertura alare di undici metri, ma è l’unico esemplare rimasto dal II conflitto mondiale in versione catapultabile, proprio per questo la sua tutela deve essere maggiore, non rappresenta soltanto un itinerario subacqueo in più, ma anche un importante ritrovamento per la storia dell’aeronautica militare italiana. Ci giriamo lentamente intorno, scattiamo qualche foto ricordo di gruppo e lentamente ritorniamo verso la superficie, malgrado maschera ed erogatore ci sorridiamo: è un’immersione di settembre, solo per noi, solo per il piacere di stare insieme, con un nuovo “amico”.